La civetta

Un tonfo sordo, nella notte. L’automobile che correva tra i viottoli di campagna si fermò immediatamente. Cosa poteva essere accaduto?

Scesi dall’auto repentinamente e illuminando la strada ed il fossato con i fari percorsi la strada semibuia. Finchè non ti trovai. Accasciata sull’erba, le ali ancora aperte e gli occhi chiusi.
Ebbi paura, il terrore di averti uccisa mi bloccò per un istante il cuore. Corsi a prendere dei fazzoletti di carta e cercai di raccoglierti.
Percepii una lievissima resistenza delle zampette, ma ti lasciasti prendere tra le braccia. Restavi con le ali abbandonate ed il capo chino.

Non c’era sangue sulle tue piume, solo una piccola goccia, vicino al becco, ma non pareva così grave. Ti portai dentro, cercai di asciugarti dall’umidità della notte. Eri calda ed il cuore batteva.
Non capivo quale fosse la tua specie, ti avrei portata a casa e poi subito da un veterinario. Non potevo reggere il peso di averti ferita.
Poi apristi un occhio e squarciasti con il tuo sguardo il mio ricordo: la civetta.

Come per incanto non ero più in piena notte in una macchina ferma lungo un viottolo di campagna, ero bambina, per mano a mio padre.
Mi stava portando nella soffitta dove dormiva la civetta, quel cucciolo caduto dal nido che lui aveva allevato, quel cucciolo che credeva quell’uomo sua madre.
Ricordo lo sguardo di sole che illuminava la penombra. Le ali grandi e regali, il portamento misterioso.

Per incanto, ancora, ho udito la voce del babbo che raccontava leggende sul tuo canto, sul tuo destino. Rapide e calde lacrime sono scivolate sulle tue piume: non potevi morire, non per avere urtato contro la mia vita.
Ho sussurrato parole vicino al tuo capo, ho accarezzato le ali, richiudendole al corpo. Ti ho coperta con la mia giacca, per darti calore.

Ho ripreso il viaggio, verso casa, verso un veterinario. Ma nella notte tutto era chiuso. Ho cercato allora nella memoria i vecchi insegnamenti di quell’uomo che conosceva i segreti delle civette.

Ti ho portato nel mio nido e ho atteso il risveglio delle tue ali restando al tuo fianco fino a quando non ho riconosciuto lo sguardo che conosce i segreti della notte.
Ti sei ripresa, hai alzato il capo e stirato le ali, poi mi hai fissata per lunghi minuti.

Mi hai confidato qualcosa, mi hai portato un messaggio dalla notte, un messaggio di cui non ho percepito parola ma il cuore ha compreso ugualmente.
Ho aperto la finestra, mentre mi osservavi ancora. Poi qualche istante di silenzio… e sei volata via, tornando a nasconderti nell’oscurità.

1 Comment
  1. gabriella Rispondi

    solo oggi ho avuto grazia di leggere, ma già sapevo. Continuo a pensare a babbo Sirano che il messaggio è riuscito farcelo pervenire. Pensa positivo, lui è con te, comunque e sempre. Grazie per farmi partecipe di tanta grazia. TVb

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