Rondine al nido
Ricordo mia nonna cantare nascosta tra le pagine di un vecchio spartito. Ingiallito. Di quelli d’una volta, con la copertina adornata da raffigurazioni simili a quadri d’autore.
Era uno spartito verde, con una rondine disegnata in primo piano ed un piccolo paese sullo sfondo, ove troneggiava la campana della chiesetta lontana.
Rondine al Nido. Non ricordo la melodia, vagamente il canto di quella signora anziana dai riccioli candidi. Vagamente, nonostante abbia stretto le mie mani sino a pochi anni fa.
Ricordo le rondini e la primavera. Ricordo di aver trascorso giornate con quella raffigurazione tra le mani, confrontando la fantasia con quella realtà ricorrente, la “nostra” rondine che aveva il nido proprio sopra la finestra di camera della nonna.
Era uno spettacolo meraviglioso l’arrivo della primavera, così come il suo saluto: il cielo si riempiva di ali nere che non incutevano terrore, bensì una lieta gioia.
Festeggiavamo la nascita dei “rondinini” portando in trono, fino alla cucina, il guscio rotto trovato sul balcone.
Lo poggiavamo sul lavello, in bella mostra. Chissà, forse la sua fine era puntualmentela pattumiera o la terra del giardino, ma la mano “crudele” aveva sempre il buonsenso di abbandonare il guscio alla sua fine di nascosto ai nostri occhi.
Rondine al nido… non è più tornata. La città cambia, così anche le emozioni. Nascono nuove case e si abbattono antichi alberi. Il mondo volge al suo futuro incurante di un passato definito “obsoleto”.
Mi chiedo quale sia il significato di questa parola oscura, ma intanto lascio qualche briciola sul mio balcone.