Come uno specchio
C’è una cosa, mio caro Ambrogio, che non hai mai voluto capire in tutti questi anni: ho bisogno di amare.
Amare senza freno, nella mia mente. In modo da scrivere poi nel cuore i più grandi romanzi tristi e strappalacrime. Non te ne sei mai accorto nemmeno guardandomi negli occhi.
Hai sempre affermato che gli occhi sono lo specchio dell’anima. In effetti lo sono stati, ma non era la mia anima a fare la vanitosa in questo specchio dalle scure iridi, bensì la tua. E non era vanitosa.
No, la tua anima era sognante; ricamava veli da sposa su un volto dal sorriso enigmatico quanto una Gioconda. Ma non vi era alcun velo e nessuna sposa.
Come Ulisse hai vagato lungo i miei lineamenti in cerca di una patria da fare tua, ma il mio volto è terra di nessuno, battuta dal vento.
Ho un’anima che si accende per canti non umani, un cuore che proietta le sue storie irrimediabili su schermi di cinema muto. Eppure le colonne sonore che accompagnano quelle immagini riescono a rapire le più dure orecchie.
Questa sfinge non ha saputo trasmetterti niente. Continui a sognare specchiando i tuoi desideri sui miei occhi, che riflettono ciò che più desideri nella loro assoluta indifferenza.
Ho bisogno di perdermi d’amore, mio caro Ambrogio. Cerca di leggerlo tra le crepe di questi specchi di tanto in tanto.