Mettersi in gioco e ricominciare da capo: trenta anni
Comprendo il disappunto di mia madre nel vedere che ho messo le mani nella mia esistenza, ho fatto un pò di disordine tra le varie aspettative ed ho mischiato il tutto: ho affondato le mani nei miei panni vecchi, gli abiti dismessi dagli anni, assieme agli ideali, ho affondato le mani sino a toccare il fondo della mia valigia di esperienza per andare a riprendere i completini di neonata.
Mi sono rimessa in gioco, a trenta anni, quando tutte le persone serie hanno già capito quale sia il proprio progetto di vita: io no, non l’ho capito, o meglio ho capito quale non è. Ma credo sia già un buon punto di partenza.
Mi sono rimessa in gioco, tentando una ammissione ad un mondo che vedevo estremamente distante. Non ero come loro, non potevo esserlo avevano sempre detto. Eppure respiravo in quel mondo.
Quante volte da ragazzina facevo "forca" alle lezioni di università per poter entrare nell’atrio del Conservatorio. Mi sedevo, ascoltavo rapita quella perfezione che non sarebbe mai stata mia… e piangevo.
Se non trovavo nessuno riuscivo ad infilarmi fino alle scale, salivo e mi affacciavo in un corridoio ove erano appese le stampe di musicisti ed ascoltavo.. canto, violini, pianoforte. Mi sentivo viva in quel momento e quella sensazione superava qualsiasi senso di colpa per aver mancato al mio dovere di studente universitario.
Poi chiudevo gli occhi e tornavo pian piano fuori, contro la mia volontà, ma secondo la regola.
Adesso che ho rimesso tutto in gioco, posso entrare senza nascondermi, respirare con la consapevolezza che non manco di rispetto a nessuno per vivere le mie emozioni.
Ricomincio da zero, al pari di ragazzini che costruiscono il loro futuro. Salgo ogni scalino con la consapevolezza che è un gradino che posso salire senza nascondermi da nessuno.
Mi metto in gioco e ricomincio da capo, è vero. Ho trenta anni e questa volta ho scelto di nascere ancora.