La rosa bianca
Ci sono momenti della giornata in cui una patologia mi assale: il sospetto.
Insegnare musica è forse un istinto di sopravvivenza, un cercare di tramandare a figli non miei qualcosa di me. Una speranza in cui credo, un sogno in cui anche io ho amato rifugiarmi. Voglio regalare un mondo, un linguaggio. Una via di fuga dalla realtà.
Non sono nessuno per poter pretendere che questa sia una sfera più dolce, una lente dorata per osservare il mondo, ma voglio illudervi, anche solo per pochi anni. Siete bambini che crescono troppo velocemente e si lasciano sfuggire Babbo Natale e mille leggende.
Non conoscete la dolcezza del credere a fate o topini che trasformano dentini caduti in monete. L’inflazione ha colpito anche i vostri sogni. A noi erano sufficienti cento lire per una partita a biliardino, a voi è chiesto un euro per avere un ciondolo da appendere ad astucci o cellulari. Oggetti per oggetti che non hanno parola nè relazione.
Ma mi assale il sospetto, oggi. Perchè incontro per la seconda volta i tuoi occhi di bambina. Non conosco niente di te, nè le ragioni del tuo desiderio del pretendere me come insegnante.
Non ho ancora imparato il tuo nome, forse mi servirà un’altra settimana…forse.. o già lo memorizzerò questa sera, assieme al dubbio.
Cosa conosci di me, piccola gigante travestita da adulta ed oppressa dalla perfezione? Mi hai donato i tuoi sorrisi, assieme ad una rosa bianca.
La rosa bianca, il simbolo del silenzio, il fiore che porto tatuato sul cuore. La mia resistenza alla vita.
Chi sei, bambina? Cosa sai leggere con i tuoi occhi di grande. Ho accettato sopresa il tuo tenero regalo e ti ho promesso mi impegnerò per donarti la tenacia dell’illusione e combattere con te la cruda realtà.
Te l’ho promesso, sorridendo, ma tu non lo sai.