Libero Nonsense
Entrò nella grande sala, non sapeva cosa avrebbe potuto incontrare. Gli occhi faticarono ad adeguarsi alla penombra, ma sin dal suo ingresso riusciva a percepire la presenza di altre anime come lui, forse.
Con la mano sfiorò la parete, era umida e fredda, era pietra e odorava di muffa antica.
Appena i suoi occhi riuscirono ad intravedere nella semi oscurità che lo circondava, riuscì a distinguere i profili, scuri, di altre figure.
Forse erano venti o venticinque, non riusciva a contare, sembravano moltiplicarsi e sparire allo stesso tempo. Ciò che più lo fece tremare era il silenzio ed il fruscio di vesti.
Si accorse, allo schiarirsi della vista, che tutte avevano lunghe vesti chiare. Erano tutte donne, giovani, il loro capo chino verso il pavimento. Tutte si avvicinavano ad un angolo della grande sala, dove un’altra figura restava china verso una grande fonte dalla forma circolare.
Era l’unica figura con la veste scura.
Si avvicinò, rispettando il silenzio cosicchè pur senza comprendere non emise suono per domandar risposte. Sfilarono le giovani donne vestite di chiaro. Lo oltrepassavano tacendo ed avvicinandosi a quella strana fonte.
Volle raggiungerla anche lui, per capire, per vedere. Seguì il percorso di una donna, mentre altre come lei lo seguivano o precedevano.
Rimase sorpreso, quasi inorridito, stordito. Si chiese dove fosse finito e come. Era questo il ventre della terra? O la fonte del cielo? Perchè quel buio, perchè ciò che stava vedendo adesso?
Innanzi a lui l’incanto: la fonte circolare emetteva luce, al suo interno centinaia di neonati, feti forse, dormivano tra le acque immobili, i loro occhi chiusi. Solo raramente la superficie si increspava, ed i piccoli neonati si spostavano. Ma restavano seri, con gli occhi chiusi, i pugni stretti, accoccolati come se vivessero in un ventre materno.
Innanzi alla fonte la donna vestita di scuro teneva le mani nell’acqua lucente, ma non proferiva parola.
Le giovani donne si avvicinavano, si inginocchiavano come in preghiera, le mani affusolate sfioravano il bordo della vasca dall’acqua incantata. Era un bordo di pietre taglienti.
Si alzavano, quindi, lo sguardo restava basso, il capo chino: si allontanavano, mantenendo lo stesso silenzio del loro arrivo, ma il loro atteggiamento era più triste. Lui comprese il loro dolore.
Solamente una figura si distaccò dal gruppo. “Per me” gridava “per me“. Si strappò le vesti correndo verso la fonte, rompendo l’armonia di quello strano rito. Giunse alla fonte nella sua completa nudità, gettandosi in ginocchio.
Era una giovane dalla figura snella. I biondi capelli le scivolavano lungo la schiena coprendo, a tratti, la sua umanità.
Immerse le mani nell’acqua incantata “Per me” gridò nuovamente, piangendo.
L’acqua si increspò ed uno dei piccoli feti aprì gli occhi. Erano azzurri. Con lenti movimenti sicuri si avvicinò al bordo della fonte dove la giovane donna, prostrata, piangeva.
Si mossero le sue labbra, così come lo sguardo e le piccole manine, non più nel gesto di pugno. Parlava:
Non si dispera la luna alla sera,
Nè il sole piange al tramonto.
Tu conosci vita e la notte sincera.
Tornerò se il tempo sarà giunto.
La figura vestita di scuro sibilò qualcosa che non lui non riuscì ad udire. Il piccolo bambino come ubbidendo ad un comando socchiuse le labbra, poi gli occhi. Le mani si strinsero nel pugno ancora.
Poi si immerse di nuovo nella fontana.