L’albero di natale
Non ho potuto vederti adornata a festa, mia cara Firenze.
Ho mancato un appuntamento che rispettavo dal primo giorno che scesi dal treno, in una stazione talmente gremita da essere incurante della sua stessa esistenza.
Mi è mancato qualcosa del mio Natale, è come se non lo avessi vissuto.
Non ho rispettato quel rito che mi spinge a fingermi un turista per assaporare l’odore di caldarroste nell’angolo del mercato del porcellino, mentre lo sguardo invidia la maestria di quei madonnari che con naturalezza riproducono opere d’arte destinate ad essere calpestate nei giorni successivi.
Non ho potuto ammirare l’albero adornato di luci, circondato da bambini dalle gote arrossate ed il nasino affondato nello zucchero filato.
Piccoli sacchettini fatti di piumini e pile, il cui sguardo dolce si lascia intravedere tra sciarpa e cappellini di lana colorata.
Non ho ascoltato le canzoni natalizie suonate dal bandoneon o dal violinista solitario, appoggiato all’angolo di Orsanmichele. Non gustato la processione di pacchetti colorati tra le braccia di sconosciuti, giocando ad immaginare a chi avrebbero consegnato i loro regali.
Mi è mancata una parte importante del mio Natale, cara Firenze, quel viaggio che mi concedo una volta ogni anno, per parlare con me.